Sempre più, oggi, assistiamo al proliferare incontrollato della critica sterile, della polemica, del giudizio.
Il fenomeno si osserva ovunque, alla radio, in tv, sui social network, dove è esagerato e amplificato dalla possibilità di nascondersi dietro un monitor, con la sensazione di essere invisibili.
In realtà, chi giudica si sente davvero invisibile, ma non in senso positivo. La critica distruttiva, fine a se stessa, è la spia di una profonda insicurezza e di una carenza di autostima. Chi la esprime è portatore di un enorme senso di inferiorità e inadeguatezza di cui spesso non è consapevole e che proietta sugli altri appassionatamente per sentirsi momentaneamente meglio.
“LA CRITICA E’ LA POTENZA DELL’IMPOTENZA” (Alphonse de Lamartine)
Ma chi giudica prova un benessere solo temporaneo, che si ritorce contro il mittente, restituendogli il suo senso di fallimento.
La critica costruttiva invece è positiva in quanto non diretta alla persona e al suo valore ma al comportamento ed espressa in modo tale da arrivare come un sostegno e non come un attacco.
John Maxwell, uno dei maggiori autori di leadership, affermava che “alcuni dicono che la critica costruttiva è quando io critico te, mentre la critica distruttiva è quanto tu critichi me!”.
Anche Jerome Liss, psichiatra statunitense, autore di “La Comunicazione Ecologica” che pure della critica costruttiva ha fatto un perno dei suoi studi, sostiene che tale comunicazione esige che il messaggio espresso sia pulito: senza giudizi rigidi, senza monopolizzazione, con rispetto per la diversità.
Inoltre, fornisce 5 suggerimenti riguardo alla critica costruttiva: chiedere permesso, essere concreti, per evitare generalizzazioni etichettanti, descrivere i propri sentimenti, dare i propri suggerimenti per il futuro e chiarirne la ragione.
Infine, la negatività insita in una critica, per quanto legittima, può essere stemperata attraverso l’uso di un linguaggio positivo. C’è una certa differenza fra il dire “non mi è piaciuto” e il dire “avrei gradito”, fra il dire “è un vero disastro” e il dire “si può far di meglio”.
In ogni caso, anche se spesso non ce ne rendiamo conto, anche la critica distruttiva ha i suoi aspetti positivi.
Infatti, se un giudizio mi fa vacillare significa che ha toccato un mio punto debole e questo dovrebbe farmi riflettere su cosa c’è in me da risolvere e su cui lavorare, per affrontare quelle ombre dentro di me sulle quali non ho ancora fatto chiarezza.
Quando invece la critica fine a se stessa non mi turba ciò, verosimilmente, dimostra che non ha potere su di me e non tocca i miei valori o quello che io sono come persona.
In ogni caso, comunque, il giudizio è indice di insicurezza e malessere. Chi sta bene con se stesso non ha bisogno di attaccare gli altri.
“FARE A PEZZI E’ IL LAVORO DI CHI NON SA COSTRUIRE” (Ralph Waldo Emerson).
In conclusione, se vi criticano e ciò vi ferisce, fate tesoro dell’esperienza, vi aiuterà a crescere e a conoscervi meglio.
Per il resto, il problema non è vostro, ma di chi vi giudica e, senza saperlo, giudica se stesso.
► Per approfondire: Jerome Liss “La Comunicazione Ecologica”
Nota Bene: La Dr.ssa Erika Salonia propone argomenti di pertinenza psicologica, con l’obiettivo di sensibilizzare i lettori alla cultura della salute mentale, per promuovere il cambiamento e il benessere psicofisico, migliorare la qualità della vita, stimolare le risorse delle persone e dei contesti e, soprattutto, per impedire che il disagio divenga malattia.
Gli articoli pubblicati in nessun caso possono costituire la prescrizione di un trattamento o sostituire la visita specialistica o il confronto diretto con il proprio medico.
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