Il significato dei sogni varia tra le diverse Culture e nelle epoche storiche. Verso la fine del XIX secolo il fondatore della psicanalisi, l’austriaco Sigmund Freud, era dell’idea che i sogni rappresentavano una via per accedere all’inconscio. Analizzando i sogni, Freud pensava che le persone ampliassero la consapevolezza di sé, ottenendo così informazioni preziose per aiutarli ad affrontare i problemi e i disagi. Freud affermò che i sogni avevano in sé un contenuto manifesto (la trama) un contenuto latente (non manifesto).
Il contenuto manifesto è il racconto del sogno così come viene ricordato dal sognatore. Il contenuto latente è ciò che è nascosto e deve esser rivelato, il materiale inconscio, il desiderio represso, il significato del sogno. Ad esempio, se una donna sogna di trovarsi in un promontorio sperduto all’interno di un faro durante una tempesta, il contenuto latente secondo Freud sarebbe potuto essere che ciò rappresenta la paura della donna nei confronti dell’intimità sessuale, con il faro che funge da simbolo fallico. Ma Freud non è stato l’unico teorico a concentrarsi sull’importanza dei sogni.
Nel XX secolo, il padre della cosiddetta “psicologia del profondo”, lo psichiatra, psicoanalista, antropologo, filosofo e accademico svizzero Carl Jung riteneva che i sogni permettessero di attingere all’inconscio collettivo. L’inconscio collettivo, descritto da Jung, è una sorta di “deposito” teorico (archivio) condiviso dalla collettività. Secondo Jung, certi simboli nei sogni riflettono archetipi universali con significati simili per tutte le persone, indipendentemente dalla cultura o dal luogo in cui vivono.
La ricercatrice Rosalind Cartwright, ritiene che i sogni riflettano semplicemente gli eventi della vita che sono importanti per il sognatore. A differenza di Freud e Jung, le idee della Cartwright sul sogno stanno ricevendo supporto empirico.
Recentemente, i neuroscienziati si sono interessati anche di cercare di comprendere il “perché sogniamo”. Ad esempio, John Allan Hobson (2009) suggerisce che il sogno può rappresentare uno stato di protocoscienza. In altre parole, sognare comporta la costruzione di una realtà virtuale nella nostra mente che potremmo usare come auto-aiuto durante la veglia. Tra una varietà di prove neurobiologiche, John Hobson cita la ricerca sui sogni lucidi come un’opportunità per comprendere meglio i sogni in generale. I sogni lucidi sono sogni in cui determinati aspetti della veglia sono mantenuti vividi durante lo stato di sogno. In un sogno lucido, una persona diventa consapevole del fatto che sta sognando e in quanto tale può controllare il contenuto del sogno stesso (LaBerge, 1990).
La teoria freudiana del sogno è quella più nota, i suggerimenti della Cartwright sono più plausibili, tuttavia in letteratura esistono molte altre teorie sulle motivazioni del sognare che cito di seguito.
• La Teoria della simulazione delle minacce suggerisce che il sogno dovrebbe essere visto come un “antico meccanismo di difesa biologica”. Si ritiene che i sogni forniscano un vantaggio evolutivo grazie alla loro capacità di “simulare” ripetutamente potenziali eventi minacciosi. Questo processo potrebbe migliorare i meccanismi neurocognitivi necessari per attivare un’efficace percezione ed evitamento delle minacce.
• La Teoria della soddisfazione delle aspettative postula che il sogno serva a liberare risvegli emozionali che non sono stati espressi compiutamente durante il giorno. Quest’azione libera “spazio” nel cervello per affrontare meglio i risvegli emotivi del giorno successivo e consentire al proprio innato temperamento di rimanere intatto. In effetti, l’aspettativa è soddisfatta (l’azione è “completata”) in una forma metaforica in modo che non venga creata una memoria falsa. Questa teoria spiega anche perché i sogni vengano di solito dimenticati subito dopo il risveglio.
• Un’altra importante teoria neurobiologica del sogno è la Teoria detta di Attivazione-Sintesi, che afferma che i sogni in realtà non significano nulla. Sono solo impulsi elettrici del cervello che formulano pensieri e immagini casuali dai nostri ricordi. La teoria postula che le persone costruiscano storie oniriche dopo il loro risveglio, in un tentativo naturale di dare un senso a ciò che non ha senso. Tuttavia, data la vasta documentazione degli aspetti realistici del sognare, nonché prove sperimentali indirette sul fatto che anche altri mammiferi come i gatti sognano, gli psicologi evolutivi hanno teorizzato che il sogno ha davvero un fine.
• La Teoria dell’attivazione continua propone che il sogno sia il risultato dell’attivazione e della sintesi del cervello. Sogni e sonno REM (Movimento oculare rapido, dall’inglese Rapid Eye Movement) sono controllati simultaneamente da diversi meccanismi cerebrali. L’ipotesi afferma che la funzione del sonno è quella di elaborare, codificare e trasferire i dati dalla memoria a breve termine alla memoria a lungo termine attraverso un processo chiamato consolidamento. Tuttavia, non ci sono molte prove a sostegno di quest’ultima teoria. Il sonno NREM (cioè non REM) elabora la memoria relativa alla coscienza (memoria dichiarativa) e il sonno REM elabora la memoria relativa inconscia (memoria procedurale).
L’ipotesi alla base della teoria dell’attivazione continua è che, durante il sonno REM, la parte inconscia del cervello è occupata a elaborare la memoria procedurale. Nel frattempo, il livello di attivazione nella parte cosciente del cervello scende ad un livello molto basso poiché gli input dai sensi sono sostanzialmente disconnessi. Questo innesca il meccanismo di “attivazione continua” per generare un flusso di dati dalle memorie che attraversano la parte cosciente del cervello.
Nota Bene: La Psicologa Erika Salonia propone argomenti di pertinenza psicologica, con l’obiettivo di sensibilizzare i lettori alla cultura della salute mentale, per promuovere il cambiamento e il benessere psicofisico, migliorare la qualità della vita, stimolare le risorse delle persone e dei contesti e, soprattutto, per impedire che il disagio divenga malattia.
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